La storia (tralasciando alcuni ambigui disegni di Leonardo da Vinci) inizia con Wilhelm Shickard (1592-1635) e Blaise Pascal (1623-1662). Shickard, scienziato della prestigiosa università di Tubinga, completa un paio di modelli del suo “orologio calcolante” una ventina d’anni prima di Pascal, come supporto ai suoi calcoli astronomici. Purtroppo li perde entrambi in un incendio; di essi ci è giunta notizia solo tramite la descrizione che ne dà al suo amico Keplero. Ben più famosa la macchina di Pascal, oggi nota come “pascalina”, che il futuro filosofo inventa a 19 anni per aiutare il padre, intendente di finanza a Rouen.
Sommare e sottrarre da un totale è tutto ciò che queste macchine sanno fare “da sole”, richiedendo la collaborazione attiva da parte dell’utilizzatore per moltiplicare, dividere o estrarre radici. Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716) porta l’automazione un passo più avanti: costruisce un paio di esemplari di una macchina che può anche moltiplicare e dividere, imitando il procedimento che tutti conosciamo per la divisione e la moltiplicazione in colonna su carta.
Si ha notizia di almeno un centinaio di inventori che, nei due secoli successivi, si sono cimentati nell’impresa di progettare e costruire macchine per il calcolo, esplorando (spesso in maniera rudimentale) molte delle soluzioni che poi sarebbero state utilizzate nelle calcolatrici meccaniche del 1900. Nessuno di loro riuscì a vendere le proprie creazioni in misura significativa, forse anche per la mancanza di una vera domanda che sarebbe arrivata dopo la rivoluzione industriale. Solo a metà del 1800, in Francia, Thomas de Colmar (1785-1870) riesce a vendere migliaia dei suoi Arithmometre, una versione molto migliorata della macchina di Leibniz, a cui l’inventore lavorò per più di cinquant’anni. Molti altri lo seguiranno, introducendo decine di migliorie e variazioni, fino ad arrivare a capolavori di ingegneria meccanica come la tascabile Curta o l’efficiente Divisumma.